NOTA: il presente articolo, redatto dal sottoscritto, è edito in forma integrale dal sito www.albanesi.it che ne detiene i diritti.
Il ciclismo è uno sport individuale che si svolge in gruppo. Infatti, se è vero che durante lo sforzo di allenamento e di gara ognuno fa i conti con la propria fatica, l’influenza “fisica” di compagni di squadra o avversari crea una moltitudine di situazioni che debbono essere conosciute e gestite, sia per l’incolumità degli atleti che per il miglioramento della performance.
Una necessaria premessa di legge!
Procedere in gruppo su strade aperte al traffico è vietato dalla legge.
Il “Nuovo codice della strada”, decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni, nell’Art. 182 che riguarda la circolazione dei velocipedi, al comma 1 recita:
“i ciclisti devono procedere su unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due; quando circolano fuori dai centri abitati devono sempre procedere su unica fila, salvo che uno di essi sia minore di anni dieci e proceda sulla destra dell’altro”.
Pertanto le tecniche e gli esercizi proposti sono da intendersi per esclusivo utilizzo in gara, con traffico chiuso, su strade private o su piste appositamente riservate agli allenamenti.
La scia
Ciò che caratterizza il pedalare con altri ciclisti è la possibilità di sfruttare la cosiddetta “scia” o “draft”, ovvero la riduzione della richiesta energetica creata dal movimento di chi precede. In gergo tecnico si dice: stare a ruota.
Il grafico mostra chiaramente come, all’aumentare della velocità di marcia, la richiesta energetica aumenti in funzione esponenziale, sia per il ciclista che “tira” che per quello che è in scia.
A partire da circa 16 km/h la richiesta energetica del ciclista “a ruota” comincia però a crescere in misura minore per la riduzione dell’attrito dell’aria e per l’effetto di portanza determinato dalla legge di Bernoulli.* All’aumentare della velocità, il vantaggio diviene sempre maggiore.
Andando sul lato pratico, questi sono i dati sul risparmio percentuale nel VO2max impiegato a una velocità di 40 km/h in condizioni sperimentali di aria ferma (velodromo coperto).
Nel caso in cui il vento soffi in senso esattamente opposto alla marcia, il ciclista che tira, quindi esposto, avrà una resistenza pari alla somma della sua velocità e della velocità del vento. A 35 km/h con 15 km/h di vento a sfavore, il risparmio del ciclista che sta a ruota è quello che avrebbe con un’andatura di 50 km/h in condizioni di aria ferma. Considerando questi dati si capisce l’importanza del l’uso consapevole e corretto delle scie.
Vediamo ora la tecnica più semplice.
La fila singola
In questi casi (aria ferma e vento contrario), la tecnica migliore per affrontare la corsa in un gruppo ristretto (3-4 corridori), è la fila singola. Può essere utilizzata in una fuga o in cronometro a squadre di 2-4 componenti.
Il corridore 1 apre la fila e tira per il tempo scelto, quindi si sposta di lato in modo che il corridore 2 vada in testa a tirare. Il corridore 4 si fa sorpassare gradualmente per mettersi a ruota del 3 scorrendo lungo la fila.
Il tempo consigliato per stare in testa dipende da vari fattori.
Strategia della squadra in caso di gara a cronometro: in questo caso il tempo è proporzionale alla potenza dell’atleta, quindi i più forti tireranno per più tempo per mantenere alta la velocità media mentre i più deboli tireranno per tempi minori, nei tratti tecnici come curve o rotonde ed in salita.
Ragionevolmente, per atleti evoluti, la potenza di pedalata del capofila dovrebbe essere in zona anaerobica bassa (z6), ovvero tra tra il 120 ed il 130% dl valore di FTP e durare non oltre 20”’-30” in modo da evitare l’eccessivo accumulo di lattato. È inoltre necessario non “strappare” ovvero non imprimere brusche accelerazioni nel momento in cui si passa in testa.
Il procedere dei cambi, dovrebbe essere sempre fluido. In caso di atleti con un certo divario di potenza, ad esempio nelle cronometro a squadre miste e amatoriali, i più forti potranno tirare per tempi più lunghi, ma con minore potenza, scendendo in Z5 (vo2 max) in modo da permettere agli altri di sfruttare maggiormente la loro velocità media. Questi andranno poi a recuperare in fondo alla fila per far scendere la concentrazione di lattato ematico e poter nuovamente rialzare la media nel momento in cui saranno nuovamente capofila.
Nella figura si può osservare la diminuzione repentina di potenza al 5° minuto, a parità di velocità, dovuta al passaggio dietro il compagno di squadra durante una gara a cronometro/coppie.
Caso di fuga con componenti di squadre diverse: il tempo in testa alla fila è dettato da strategie più complesse. Se il gruppo è composto da atleti che hanno tutti l’interesse di staccare il gruppo di inseguitori, si comporteranno come una squadra sola a cronometro, prendendo una sorta di accordo temporaneo, per poi giocarsi la vittoria negli ultimi chilometri o in tratti di salita.
Nel caso in cui un atleta in fuga abbia un compagno nel gruppo degli inseguitori che abbia possibilità di vittoria, può decidere (ma spesso la scelta è obbligata dalle strategia del direttore sportivo) di “saltare un cambio”, ovvero non tirare al suo turno spostandosi, oppure mettersi a tirare a velocità più bassa in modo da rallentare comunque la media del gruppetto e favorire il ricongiungimento. La tensione psicologica in queste situazioni può essere notevole. Questa strategia è ovviamente applicabile solo a certi livelli di esperienza che raramente si riscontrano nel ciclismo amatoriale comune, se si eccettuano le squadre composte da ex dilettanti o ex professionisti.
Bibliografia di riferimento: D. Fiorin, F. Vedana, “Tecnica e tattica ciclistica” ed. Elika, 1998.