Supercompensazione nel ciclismo (pt. I)

NOTA: il presente articolo, redatto dal sottoscritto, è edito in forma integrale dal sito www.albanesi.it che ne detiene i diritti.

Per supercompensazione, nell’ambito dell’allenamento sportivo, si intende il processo biologico attraverso il quale l’organismo si adatta, ritornando a valori di omeostasi e prestativi leggermente superiori, dopo essere stato sottoposto a eventi “stressor” che ne hanno diminuito temporaneamente la capacità di produrre una prestazione.

La supercompensazione è una conseguenza della più generale “sindrome generale di adattamento di Selye”1.

Per i concetti generali sulla supercompensazione con riferimento alla corsa, consultare l’articolo specifico.

Supercompensation

Occorre precisare che questo schema classico con cui viene raffigurato il concetto di supercompensazione è una semplificazione, derivante da un’obsoleta teoria dell’allenamento sportivo, proveniente dalla scuola sovietica, che ne snatura le reali caratteristiche che all’epoca erano ancora poco chiare (Arcelli, 2015).

Tra le imprecisioni più evidenti troviamo l’arbitrarietà della distribuzione dei tempi delle fasi di affaticamento, recupero e durata della supercompensazione.

In realtà, studi più recenti (Olbrecht, 2000) hanno approfondito le modalità del recupero fisico, dimostrando che esso avviene con tempi variabili a seconda delle componenti organiche sollecitate, che esso è influenzato da fattori esterni all’allenamento come alimentazione, sonno, farmaci, stato di salute generale dell’organismo, genere.

Pertanto è decisamente più corretto parlare di eterocronismo del recupero organico, di cui esporremo sinteticamente le singole componenti.

Heterochronism of adaptation

Glycogen in strained muscles (glicogeno muscolare); Fitness level (livello di fitness); Damage to mitochondria (danno mitocondriale)

L’obiettivo di ogni atleta e dei preparatori è quello di dosare gli stimoli e i recuperi delle varie componenti organiche in modo da ottenere una crescita graduale e globale delle prestazioni che porti a essere nelle migliori condizioni nel periodo delle gare (peaking). Questo argomento è trattato nell’articolo che introduce il concetto di periodizzazione.

Analisi sintetica della meccanica dello sforzo ciclistico

Il ciclismo ha delle particolarità tecniche che condizionano la gestione dei carichi di lavoro e conseguentemente le fasi di recupero. Queste sono dovute soprattutto all’ interposizione del mezzo meccanico.

  • Lo sforzo della pedalata avviene per la maggior parte del tempo in condizione di parziale scarico del peso corporeo (posizione in sella). Ciò evita le problematiche legate all’usura da carico in gravità sulle strutture delle gambe, in particolare articolazioni, legamenti e tendini dell’arto inferiore.
  • Il gesto atletico della pedalata, con la variazione data dal livello tecnico individuale (pedalata più o meno efficiente), è un movimento ciclico in cui si alternano contrazioni concentriche di gruppi muscolari antagonisti. In alcune situazioni si possono avere anche momenti di “sforzo pseudoisocinetico”2. Quasi del tutto assente la componente eccentrica e pliometrica3 che risulta essere la più tassante sulle fibre muscolari. Questo è facilmente riscontrabile: i DOMS compaiono con molta rarità anche dopo allenamenti duri e, nel caso, hanno durata e intensità minori.

Come l’allenamento ciclistico stressa l’organismo e i tempi medi di recupero.

L’allenamento ciclistico della forza e delle componenti metaboliche impatta sull’organismo umano in modi diversi che verranno descritti in modo sintetico e semplificato. Inoltre, la suddivisione tra i due tipi di esercitazioni è fatta al solo scopo di evidenziare il tipo di affaticamento prevalente, ma ovviamente non esclusivo, anche perché in una sola sessione di allenamento o gara si va a stressare comunque tutto il sistema neuro-muscolo-metabolico.

Nelle esercitazioni di forza si riscontrano:

  • affaticamento del sistema nervoso centrale (SNC) e periferico con diminuzione della capacità e velocità di conduzione nervosa dello stimolo. I numerosi studi a proposito della fatica del SNC4 hanno indagato aspetti diversi del complesso fenomeno. Partendo dalla pura componente neurologica, facendo riferimento a un esercizio di tipo massimale (massime contrazioni volontarie), il recupero parziale del 50% avviene in 30”, quello dell’80% in 4′-5′ mentre il recupero completo in circa 30′. In caso di esercizi a esaurimento di tipo submassimale, la frequenza di scarica neuronale rimane alterata fino a 24 ore (Carrol, 2016).
  • Affaticamento delle fibre muscolari con parziale danneggiamento delle membrane (DOMS e rabdomiolisi): sebbene, come detto, il ciclismo non comporti contrazioni eccentriche o pliometriche, alcune esercitazioni di forza (scatti, ripartenze) o sforzi eccessivamente prolungati possono comportare un danneggiamento delle membrane connettive delle fibre muscolari. L’apice del dolore si ha tra le 24 e le 48 ore dal termine dell’allenamento per aver un recupero completo, nei casi più estremi, nel quarto giorno. Tale evenienza è comunque molto rara nel ciclista: intensità e durata dei DOMS sono generalmente minori.

Nelle esercitazioni che impattano sul metabolismo energetico si hanno:

  • diminuzione delle riserve di ossigeno legato alla mioglobina nel muscolo: l’emoglobina muscolare ha il compito di trasferire attivamente l’ossigeno dai capillari ai mitocondri. Essa può legare al massimo 11,2 ml di O2 per kg di massa muscolare (circa 500 ml in un atleta di 70 kg). La sua funzione è fondamentale nella fase di restauro rapido di 10”-15” e si completa in 60” in presenza di una buona pressione parziale di O2 ovvero in riposo inattivo (Gaesser e Brooks, 1979).
  • Diminuzione delle riserve di fosfageno muscolare (ATP-PC): il meccanismo anaerobico alattacido, che permette di esprimere massime potenza e velocità (sprint, sorpassi, recupero di brevi gap) per pochi secondi, si basa sul ciclo di scambio dello ione fosfato tra ATP/ADP (adenosintrifosfato e adenosindifosfato) e PC (fosfocreatina) detto globalmente sistema del fosfageno. Al termine di un esercizio massimale il fosfageno esaurito si ricostituisce in due fasi: la prima rapida, che restaura il 70% della riserva in circa 30”, la seconda lenta, che colma il restante 30% entro 3/5 minuti a seconda della disponibilità di ossigeno nelle fibre muscolari, prevalentemente tramite glicolisi aerobica (Hultman et al. 1967; Harris et al., 1976).
  • Alterazione dell’omeostasi acido-base a causa di accumulo di lattato cellulare ed ematico: attraverso vari sistemi l’acido lattico viene rimosso dal sangue. Circa il 18% viene riconvertito in glicogeno, mentre il 65% viene ossidato nel ciclo di Krebs per produrre nuovamente energia (ATP). Poiché le fibre muscolari di tipo I (lente) sono i principali ossidatori del lattato, sperimentalmente si è visto che il restauro in esercizi prossimi alla soglia anaerobica (MLSS5) velocizza il processo.
  • supecompensazione nel ciclismoNel caso di restauro in riposo, il tempo di emireazione del lattato è di circa 15′, ovvero la sua concentrazione si dimezza ogni 15′ per ritornare ai livelli basali entro 60′-70′.
  • Disidratazione e spostamento degli elettroliti di membrana (K+ Mg++): il tempo di ripristino completo attraverso corretta reidratazione e integrazione dei sali è di circa 6 ore. (Weineck, 2007). Sperimentalmente si è osservata un’ottimale reidratazione post-esercizio con soluzioni saline e glicidiche leggermente ipertoniche.
  • Alterazione e danneggiamento delle proteine contrattili della fibra muscolare (actina-miosina): la ricostruzione tramite sintesi proteica si completa in circa 48 ore nel caso di corretta alimentazione/integrazione. (Weineck 2007).
  • Impoverimento/esaurimento delle scorte di glicogeno muscolare ed epatico: la principale fonte energetica per gli sforzi di media e alta intensità, in caso di esaurimento, si ricostituisce completamente in un tempo variabile tra le 24 e le 48 ore. L’integrazione in allenamento e gara con carboidrati a medio e rapido assorbimento può evitare un depauperamento troppo severo delle scorte, in vista di giorni consecutivi di allenamento intenso o gara (ritiri o gare a tappe).
  • L’integrazione immediatamente successiva allo sforzo con carboidrati a rapido assorbimento (glucosio), può velocizzare il processo di ripristino, anche se non completamente.
  • Danneggiamento dei corpuscoli intracellulari (mitocondri): i lavori prolungati ad alta intensità (soglia, VO2max, anaerobico lattacido) stressano le centrali energetiche della cellula, danneggiandole. Il ripristino completo della loro funzionalità avviene in circa 8 giorni (Weineck 2007). Questo va considerato con molta attenzione nel porre esercitazioni di questo genere a distanza ravvicinata tra loro o alle competizioni.

Aspetti generici specifici:

  • affaticamento muscolare in distretti meno coinvolti nello sforzo (dorso, collo, zona lombare). Quest’ultimo aspetto rappresenta almeno inizialmente (dopo uno stop prolungato o nel principiante) un limite fastidioso che va trattato con una buona posizione biomeccanica e un lavoro di allungamento muscolare globale statico delle catene posteriori. La risoluzione può variare da pochi giorni a diverse settimane.
  • Fastidi cutanei e muscolari nella zona perineale dati dalla posizione in sella, rarissimi nei ciclisti evoluti, ma comuni nel principiante: con accorgimenti pratici come la scelta corretta e il posizionamento della sella in base alla larghezza delle ossa ischiatiche del bacino, l’uso di protezioni adeguate al fondello dei pantaloncini e l’uso di unguenti sulla cute e mucose perineali come pasta all’ossido di zinco o preparati tecnici specifici, il problema si risolve in pochi giorni, ma un completo adattamento si raggiunge spesso con almeno un mese di pratica regolare.

Riepilogo

supercompensazione nel ciclismo

Bibliografia

Arcelli E.; La supercompensazione e le sue falsità. Scienza & Sport, pp. 54-57, n. 27, lug.-sett. 2015).

Olbrecht J., Planning, Periodization, Training, Competing and Winning, Sports Resource Group, New York 2000b.

Esposito G. Caporali C.; Triathlon – Il manuale, Miraggi ed. 2010

Allen H., Coggan A., Training and racing with a power meter, Velopress, Boulder Colorado 2010, seconda edizione.

L. Fox, R.W. Bowers, M. L. Foss, Le basi fisiologiche dell’educazione fisica e dello sport, Il Pensiero Scientifico Editore, 1995

Recovery of central and peripheral neuromuscular fatigue after exercise. Carroll TJ , Taylor JL, Gandevia SC.

Weineck J.; Allenamento ottimale, Spitta, 2007.

Note

  1. Hans Selye (Vienna,1907–Montréal,1982) vedi link.
  2. Contrazione isocinetica: contrazione muscolare in cui l’interposizione di un mezzo meccanico obbliga a un movimento a velocità costante, indipendentemente dalla forza applicata dal sistema muscolo-articolazione. Essa è utilizzata in alcune fasi della riabilitazione o in alcune esercitazione tecniche (per esempio, nella preparazione dei piloti automobilistici di alcune categorie) tramite macchinari computerizzati. In alcuni esercizi ciclistici (per esempio, PFR e SFR), la corretta esecuzione porta a eseguire consapevolmente una contrazione simile a quella isocinetica.
  3. Contrazione pliometrica: contrazione muscolare composita in cui si susseguono velocemente una fase eccentrica di pre-stiramento e una fase concentrica dinamica. Un esempio tipico sono i balzelli sulle punte dei piedi o i balzi/salti in discesa dai gradoni. Risulta essere la contrazione più logorante per le fibre muscolari e causa di lesioni leggere (DOMS) o talvolta di infortunio.
  4. Occorre precisare che il SNC sembra avere un ruolo attivo e determinante nella regolazione autonoma dei livelli di fatica erogabili da un atleta. Sinteticamente è “programmato” per proteggere l’organismo dal sovraccarico in un’ottica di sopravvivenza (modello del central motor drive), inibendo l’invio degli impulsi nervosi.
  5. MLSS: in tempi recenti l’uso della locuzione soglia anaerobica è stato soppiantato, tra i tecnici, dalla dizione MLSS, acronimo di Maximun Lactate Steady State, ovvero zona (cardiaca o di potenza) limite di equilibrio del lattato.
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